Nora ed Emma, la visione rosata che tutti i giorni ci fa capire cosa importa nella vita… Ecco perché abbiamo chiamato così questo Metodo Classico Rosé Extra Brut da pinot nero in purezza, che trascorre sempre almeno 30 mesi sui lieviti, e che esprime al massimo la territorialità e l’eleganza del vitigno.
Le uve sono coltivate ad altitudini comprese tra i 300 ed i 430 metri s.l.m. in vigneti esposti a nord/nord-est su un versante ricoperto di sassi bianchi che sale tra i comuni di Santa Maria della Versa e Montecalvo Versiggia.
Il suo colore rosa pallido tendente al buccia di cipolla è frutto di una macerazione da sgrondatura ottenuta unicamente in pressa senza successivo contatto tra buccia e mosto durante la fermentazione.
Il naso spazia dal balsamico ai piccoli frutti rossi, mentre in bocca le note polpose del pinot nero e l’elevata acidità lo rendono penetrante e persistente.
Bilancia benissimo il gusto saporito di salumi da lungo affinamento, ma si abbina perfettamente anche con carni rosse a breve cottura oppure pesci di lago o fritti. Provatelo dai 6 agli 8 °C.
Colore | Spumante |
Gradazione | 12.50% |
Annata | 2022 |
Formato | 0.750 |
Servizio | 6° C |
Vitigno | Pinot nero 100% |
L’11 novembre del 1964 Luigi Calatroni era seduto a un tavolo: di fronte a lui un foglio con il timbro del comune di Montecalvo Versiggia, un documento che avrebbe cambiato per sempre la sua vita e che aspettava solo una firma… la sua!
Quel foglio era un contratto che attestava il passaggio di proprietà dei terreni della Casa Bella dalla famiglia Vecchietti a Luigi. Fino al 1964, Luigi aveva coltivato quelle vigne di pinot nero da mezzadro, come le quattro generazioni che lo avevano preceduto. Il mezzadro era un viticoltore che pagava l’affitto del terreno con la metà della resa del vigneto (e si sa: per un viticoltore le proprie uve sono come figli).
Dopo anni passati sotto il sole e la pioggia a curare la vigna, dopo la terribile campagna di Russia combattuta durante la Seconda Guerra Mondiale e un avventuroso ritorno in patria con mezzi di fortuna, il Vigiö d’la Cà Bela (cosi lo chiamavano) ce l’aveva fatta: aveva conquistato un lembo di terra in valle Versa e l’avrebbe tramandato con orgoglio alla generazione successiva.
Ma passiamo ai nostri giorni. Quante cose sono cambiate negli anni: i trattori sono macchine quasi perfette, la tecnologia in cantina si è evoluta e il concetto di vino non è più quello di una volta.
È mezzogiorno e dalla cucina proviene un profumo di agnolotti appena preparati: Marisa chiama tutti a rapporto… “È ora di pranzo!”. Fausto scende dal trattore controllando bene che il tubo non perda olio, Cristian esce dalla cantina dopo essersi assicurato che tutte le botti siano a posto e Stefano, tornato dalle consegne, chiama le ragazze in ufficio “È pronto!”.
Una famiglia si ritrova seduta a un tavolo davanti a un piatto di agnolotti fumanti accompagnati da una bottiglia di Pinot Nero. Tra il vociare della tavola un pensiero ogni tanto riaffiora… Tutto ciò sarebbe stato possibile se la tenacia di Vigiö non lo avesse spinto a coronare il suo sogno?